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Creazioni (di Dario Dessì)

20 giugno 2008

Quel giorno l’inverno pareva fosse scappato per lasciar spazio al sole.

Leggera brezza, caldo, molto, tanto che si tolse il cappotto. Entusiasta si precipitò verso le rocce; quel tratto di costa non finiva a picco sul mare ma si poteva scendere sotto, passando dai residui di uno scivolo per barche scavato in mezzo a ciottoli bianchi.

Si sedette il tanto giusto dall’acqua: al limite, solo per un pelo non si bagnava; ogni tanto qualche schizzo per niente fastidioso.

Sorrise. – Oggi riuscirò a scrivere- pensò e prese in mano fogli gialli di carta riciclata. Ma nulla gli venne in mente.

Voleva descrivere quella situazione che situazione non era; quella strana sensazione di piacevole solitudine senza pensare. -Ma come si può?! Descrivere?! Bisognerebbe inventare nuove parole…-

Travestirle in personaggi irreali, fittizi e le loro vicissitudini? Ingiusto.

Però sorrideva. Silenzio. Sorrideva, e pensava che non avrebbe saputo cosa avrebbe fatto domani, però di oggi era sicuro.

Si spostò su un’altra roccia e la sua mano e la sua mente cominciarono a fremere. Come una malattia apparve lei: l’ispirazione.

Venne e s’infranse come un’onda, schizzando parole, suoni, storie di inchiostro sulle rocce di foglio.

Storie di mari, stati di mare, popoli- genti- pensieri di un globo che riusciva a rispecchiare il sole. Reggerne la portata e rimandarne la luce di giorno, conservandone un po’ per quando giungeva la notte: per consolare i suoi popoli, per non farli perdere e non spaventare i piccoli che, nella sua fievole luce e nella sua calda ninna nanna di onde,

nuove,

altre,

accorse,

oltre,

si cullano e sognano il verde, l’azzurro e il bianco del loro mondo.

Ciò che ne uscì fu l’inizio di una storia buffa, curiosa.

Non era un vero e proprio racconto, lui chiamava così qualsiasi cosa, ma più che altro si trattava di una condizione- uno stato d’animo.

Era un vecchio”, cominciò, ma subito un blocco

– No, non ci sono! Non riesco a vederlo questo vecchio: chi era, cosa fa e come…-

pensò un attimo ai vari anziani che conosceva, apparve come una foto nella sua testa l’immagine di un piccolo sardo, basso, scavato, seduto in un sottoscala a prendere il fresco al tramonto d’estate.

-Nonno è un buon modello, potrei provare ad abbozzarlo e vedere cosa ne esce misto a ciò che ho in testa.-

Tirò un tratto di penna su quanto scritto e ricominciò veloce.

Fermo, con lo sguardo immobile, seduto su quello scanno di legno dove nonna metteva a seccare i pomodori nel canestro.

Si poggiava in avanti con i gomiti sul bastone. L’ultimo periodo respirava lentamente con affanno, come se ogni respiro gli evitasse di affogare. Stanco e immobile passava così gran parte dei pomeriggi estivi.

Al bar del Fenicottero, quello a sinistra dello stradone che va verso il porto dei pescatori. Ora è diverso, ma prima era una vera bettola, molto più rustica: una casetta imbiancata a calce con un’enorme veranda in legno che dava sulla spiaggia a maestrale.

Il vecchio sedeva in un angolo in penombra con le maniche di camicia rabboccate e il berretto, di sbieco, sulla testa. Mattine intere ad osservare, immobile, il mare cambiare, con quegli occhi scuri che sembravano colmi di storia.

Aveva deciso di mettere per iscritto le sue memorie, aveva paura che ci si dimenticasse di lui, di tutto ciò che aveva creato, che la storia da lui plasmata e vissuta, passato- presente e futuro di molti cadesse in un dimenticatoio. Scrisse la storia, su pezzi di carta, in piccole frasi ma senza dimenticare niente, partendo dall’origine di tutto:

In principio era il verbo.

In principio era la natura, la madre, la “Tellus Mater”. Da lei nacquero tutti gli animali compreso l’uomo. Lui è l’animale più debole, non ricorda la lingua che usa la natura con i suoi figli.

L’uomo l’ha svenduta per la ragione.

Morse una mela, un frutto di conoscenza: si rese conto della sua ignoranza e volle conoscere da solo, senza farsi insegnare dalla sua madre, dal quale si distaccò.

Voleva essere creatore, non solo creatura. Capire, non solo essere capito, voleva essere padre di se stesso.

Comprese però che non poteva conoscere tutto, sarebbe impazzito se non avesse messo un limite a questo suo desiderio. Decise di limitarsi il respiro, ferendosi e togliendosi una costola: da cui plasmò Dio. Così creò il creatore, diventando creatura.

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